UNCEM PIEMONTE UNIONE NAZIONALE DEI COMUNI DELLE COMUNITA' E DEGLI ENTI MONTANI
Delegazione Piemontese

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Uncem apprezza l’azione della Giunta e del Consiglio regionale del Piemonte che oggi ha varato la legge sulle “Cooperative di comunità”. Sono molte quelle già nate in Piemonte – tra queste a Ormea, in Valle Stura, in Valle Grana e a Ostana -, configurate quali “cooperative” sul piano giuridico, che incrociano e plasmano la dimensione comunitaria, secondo una traiettoria che sta contagiando molti territori italiani, in particolare rurali e montani, delle Alpi e degli Appennini.
“Nella necessità di contrasto alle sperequazioni territoriali, urgenza da colmare con risorse, investimenti, strategie, visioni, l’impresa cooperativa deve saper cogliere e rispondere a precisi valori – sottolinea Roberto Colombero, Presidente Uncem Piemonte – La cooperativa di comunità deve rispondere da un lato ai bisogni fondamentali, legati alla formazione della personalità e della persona, dall’altro quelli dell’essere comunitario“. La prima cooperativa di comunità italiana è quella nata a Monticchiello (SI) intorno al “teatro povero”, all’inizio degli anni Ottanta. Poi Succiso, Cerreto Alpi, i “paesi-comunità” che trasformano i paesi stessi e i territori. La comunità che rigenera e plasma i luoghi. Anche dell’Appennino abruzzese, ad esempio, tormentato dal sisma. E poi, Melpignano, Castel del Giudice, o cooperativa Viseras di Mamoiada (Nuoro).
“La cooperazione deve capire che oggi non basta offrire prestazioni, bisogna essere istituzione di presenza, ascolto e innovazione costante – aggiunge Colombero – La comunità è il soggetto. La cooperazione è l’azione. Il processo necessario, l’abilità. La comunità è il soggetto ed è l’hardware identitario e allo stesso modo il soggetto e l’obiettivo cui si tende: anche le comunità sono un processo, come la democrazia, presente finché è agito. E sempre in evoluzione. La cooperazione è la capacità, l’abilità necessaria all’interno della comunità, per tenerla viva. Comunità e cooperazione sono perciò interdipendenti, l’una non può prescindere dall’altra”.

Cooperative di comunità per i territori montani, ma non solo. Anche per un quartiere urbano, ad esempio. Ma è nelle zone alpine e appenniniche, nei piccoli Comuni che questi nuovi modelli di impresa comunitaria sono determinanti. Uncem su questo fronte lavora da molti anni insieme a Confcooperative, che investe anche per la creazione di nuove Cooperative di Comunità. Con Giovanni Teneggi, Alessandro Durando, Massimiliano Monetti, Uncem – anche grazie all’organizzazione nazionale guidata da Marco Bussone – accompagna il lavoro di nuove Cooperative, con i Comuni che fanno da apripista, da collante, da spinta a soggetti privati che si uniscono nell’avventura.

“Dimentichiamoci la visione bucolica – aggiunge il Presidente Uncem Piemonte, Roberto Colombero – Dimentichiamoci paesini e borghi abbandonati o villette con i gerani, persone che non sanno cosa fare, senza un destino. Le Cooperative di Comunità sono imprese e devono fare impresa. Fare numeri, ma anche fare comunità. Sono concretezza, pensiero e azione. Sono innovazione e sono giovani che restano, che tornano, che vogliono plasmare quei luoghi. Giovani formati e con un chiaro disegno, che incrociano le comunità che già ci sono e insieme trasformano. Giovani e adulti, insieme, che vogliono produrre e dare nuovi servizi. Unendo ad esempio produzioni zootecniche, lattiero-casearie di altissima qualità, a digitalizzazione, stampanti 3D o makers nel borgo, fab-lab e co-working, accoglienza turistica, centri multiservizio e negozi multifunzionali. Sono modernizzazione e sono futuro”. Quella del Piemonte non è e non deve essere una legge “tanto per avere una legge”, secondo Uncem: questa legge è un atto sociale, prima ancora che giuridico, di visione e di interpretazione della realtà, dei territori, del nostro futuro. “La legge regionale spinge le Cooperative di Comunità e ora aspettiamo la legge nazionale – spiega Marco Bussone, Presidente Uncem – che deve fare una cosa prima di tutte, permettere che questo tipo di imprese comunitarie possano avere più codici ateco primari, e dare loro una fiscalità differenziata, efficace, determinante per i territori”.