UNCEM PIEMONTE UNIONE NAZIONALE DEI COMUNI DELLE COMUNITA' E DEGLI ENTI MONTANI
Delegazione Piemontese

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Presidente Colombero, qualche giorno fa ha attaccato la logica dei bandi per assegnare contributi pubblici ai Comuni e agli Enti. Cosa intente?

È molto semplice. I bandi rivolti a tutti i Comuni, da soli, finiscono per essere una lotteria. Falliscono nel loro obiettivo di essere democratici. Non solo non ci saranno mai risorse per tutti i progetti candidati, e questa non è una novità, ma si finisce per non rispondere alle esigenze di un territorio. Non vincono i territori. Per avere servizi, investimenti, infrastrutture. Non si può dire, pubblicata la graduatoria “è andata così, chi non è finanziato amen”. Perché in un progetto ci sono speranze della comunità, fiducia di trasformazione, rigenerazione sociale. E non sempre sono facili da cogliere da una commissione che molto spesso non sa dove sia il Comune. Con il bando piccoli Comuni, con le risorse della legge 158/2017, è andata cosi. È andata così pure con il click day dei mille campanili, assurdo e demenziale. È andato così con il bando di Franceschini dei borghi, linea b. Ancor peggio con la selezione della linea a. E Uncem, oggi come ieri, è stata l’unica a dirlo con forza. Il Presidente nazionale Marco Bussone è stato chiaro. “Così non va”. Non siamo come quei sindacati che si accontentano quando ci sono soldi, comunque vengano assegnati, e non siamo lì a dire che vogliamo ruoli, ad esempio nelle giurie dei bandi. Stiano lontani questi mercanti. I bandi vanno riformati perché finora sono stati fallimentari. Ma è possibile avere 1500 progetti esclusi su 2600 presentati? Siamo tutti diventati incapaci? È questa la logica del bando? Prorogare due volte i tempi di candidatura e poi bocciare, non sappiamo ancora perché, il 60% dei progetti? Non va bene, non lo accettiamo. Non ho sentito altri dirlo. Piuttosto ho letto diverse assurdità.

Ad esempio?

La prima è “cari Comuni esclusi, non preoccupatevi. troveremo altre risorse”. Per carità, è possibile. Lo leggo da parte anche del Ministro. E di altri. In buona fede, ci mancherebbe. Faranno la loro parte in quella direzione, non ho dubbi. Ma annunciarlo oggi è una promessa da marinai, è illusoria. Non conferma e non smentisce. Tipico di certa politica. Siamo seri. Trovassero in legge di bilancio 2025 anche 100 o 200 milioni di euro, si finanzierebbero altri 100 o 200 progetti. E cosa cambia? Risolve il punto chiave politico dell’azione territoriale per affrontare le crisi? Non mi pare. Supera la fragilità dell’impostazione originaria del bando? NO. E soprattutto: trovare altre risorse, dà forza e corpo alla legge 158/2017 sui piccoli Comuni che, ricordo, il Parlamento approvò all’unanimità? No. La legge non ha bisogno di bandi fatti in quel mondo. Nasceva con ragionamenti di Uncem e altri Amici, in primis Ermete Realacci, con Legambiente e Symbola, molto diversi. Traditi dal bando.

Altro da aggiungere Presidente?

Potrei fermarmi qui. Nel dire che la 158 è stata tradita da questo bando. Sia chiaro. Andiamo a rileggere l’articolo 13. Parla chiaramente di aggregazioni e lavoro insieme tra i piccoli Comuni per fare programmazione economica e sociale, drenare risorse e partecipare a bandi. Invece qui si è puntato sui campanili. Assurdo, ma vero. Tutti contro Tutti. Lontanissimo dallo spirito dei costruttori della legge e di quella stagione che produsse il testo unico forestale e prima ancora la Strategia delle Green Communities e la logica evoluta del “pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali”. Della legge sui piccoli Comuni, se non si fossero persi sette anni prima di arrivare a un bando senza senso, andrebbero rilanciati e attuati gli articoli su piano per le scuole e i trasporti nelle aree montane. Disattesi e dimenticati. Anche questo è pazzesco. La legge è importantissima e lungimirante, ma in gran parte in attuata. Tranne nella porzione che riguarda Poste. Polis con la gestione Lasco-Del Fante sta facendo moltissimo per potenziare i servizi e gli uffici sui territori. Inoltre, voglio ancora dire, che ho letto in giro che avrei detto che i progetti dei singoli Comuni, quelli finanziati, vanno tolti, eliminati. Mai detto. Anzi. Ben felice per i finanziati, in particolare dove ci sono più Comuni insieme. Ma attenzione. Il punto è istituzionale. Non possiamo cadere nella soddisfazione della vittoria di un gratta e vinci. Ne compro dieci, uno lo vinco. Speranza malposta. Tantopiù per i Comuni, per il sistema pubblico. Non cadiamo nel “faccio dieci bandi, partecipo a tutti, inseguo e pago progettisti e poi vedo come va. Se va bene perfetto, se no riprovo”. Non accettiamo questa presa in giro. Non è un buon paradigma. Il PNRR è stato tutto un bandificio. Ma poi, con quei progetti finanziati, di solito meno del 10% dei candidati, cosa abbiamo risolto in termini di prospettiva economica e sociale? Possiamo invece lavorare in modo diverso per progettare nel quadro delle attuali crisi climatica, energetica, demografica, economica che i territori vivono. Progettare insieme, valle insieme, Comuni più in dialogo. È difficile certo. La sovranità dei singoli Comuni, spondati da consulenti progettisti, sarebbe più facile. Ma è effimera e non porta lontano. Anzi, ci schiantiamo e veniamo presi in giro. Finite le risorse, finito amore.

Cosa intende?

Che possiamo, dobbiamo cambiare paradigma. Prima di tutto noi, Uncem, le comunità, i Sindaci. Prendiamo la Francia. Senza essere esterofili, ma ci aiuta a capire. Non solo hanno CAUE in ogni Dipartimento per supportare la progettazione di Enti locali e privati cittadini. Hanno il debat public ovvero la coprogettazione che coinvolge le comunità. Da noi non entra. E non va bene. Dove in Italia, nei nostri territori si coprogetta, si coinvolge la comunità, si fa strategia. Non si rincorrono i bandi. I bandi sono poi strumentali alla strategia di territorio. E poi, altra cosa decisiva, la Francia cala i progetti su una solida organizzazione istituzionale.

E quindi? Che dobbiamo fare Presidente?

Darci anche in Italia una solida organizzazione istituzionale per i Comuni. Facile? non troppo, ma urgente. La Lombardia che non ha distrutto, come altrove e in Piemonte per motivi ideologici di una certa parte politica e di certi speculatori, le Comunità montane, oggi ha 23 Enti solidissimi. Con una strategia, opportune risorse regionali, capacità di investire e progettare, peraltro anche per Comuni al di fuori, non montani. In Piemonte abbiamo 52 Unioni montane di Comuni, dopo aver avuto per 40 anni prima 48 e poi 22 Comunità montane. Oggi le Unioni sono fragili. I Sindaci sono fragili. Se soli, sono sempre più soli. Vanno e vengono dalle Unioni in base alle simpatie, politiche e non, condizionati da mille fattori. E così non si ha una base istituzionale solida sulla quale innestare progettualità e iniziative durature nel tempo, che affrontino veramente le crisi e i cambiamenti. Occorre agire insieme, come sindacato, per avere una riforma seria delle Autonomie nel quadro delle riforme nazionali che tocchino anche il Testo unico degli Enti locali.

Dobbiamo dunque tornare alle Comunità montane anche in Piemonte?

Di certo è una opportunità, una soluzione. Perché comunque è prevista da due articoli del Testo unico degli Enti locali. Sono ancora vive in tre Regioni italiane. E fanno bene a tenerle. In Piemonte vogliamo capire la miglior strada con la Regione.

E infatti ha incontrato gli Assessori agli Enti locali e alla Montagna.

Esatto. Qualche giorno fa. Un ragionamento iniziale che dice una cosa. Dobbiamo lavorare insieme, Regione e Uncem per dare forza al lavoro insieme tra Comuni. Le Unioni montane lavorano grazie alla capacità di Sindaci e personale di guidare processi. Attenzione, guai a dire che non servono, che vanno male, che non funzionano. Stanno rinnovando gli organi, ripartono nell’azione. Ma sono fragili, nonostante tutto l’impegno di tanti. Troppi Comuni vanno e vengono e su questa uscita e entrata abbiamo come Comuni delle grandi responsabilità. La legge nazionale parla di volontarietà delle Unioni. Ma come Sindaci dobbiamo essere più lucidi e chiari. Strutturare unità.

In che senso?

Non farci prendere dalle mode, dalle ansie, dalle volontà di rincorrere amicizie, dalle divisioni facili. Fa parte di noi, del nostro carattere. Penso alla necessità di un nuovo umanesimo tra Colleghi Sindaci e Amministratori. Guardare la molto che ci unisce e al poco che divide. In una valle, ci saranno sempre mille divisioni, complessità, rancori, fragilità. Le Unioni hanno finora diviso valli intere complete. Per cosa? Niente di bello e utile. Le comunità non si riconoscono in queste divisioni. Vogliono coesione, racconto serio di territorio, promozione, servizi, aggregazione. Ripartiamo vedendoci nuovi. È un approccio che serve alla Politica, che serve ai nostri Enti. Dove ci si riscopre coesi, si lavora, si montano progetti, si risponde insieme con le Unioni e in aggregazione ai bandi, si hanno bilanci virtuosi e capacità di spesa forte. Dove si è litigiosi, si perde solo tempo. E nella fragilità si inseriscono agenti spuria che ci danneggiano. Dunque dobbiamo anche noi come Amministratori recuperare sguardo sul futuro.

Se siamo invece divisi, come dice, i rischi quali sono?

Il rischio è uno. Ma ne contiene tanti. Essere incapaci di vedere il futuro che può essere solo insieme, nel lavoro insieme tra Comuni ed Enti, progettando e pensando insieme. Vedendo insieme cosa è prioritario per una valle completa, dal fondo al monte. Vale anche per la perequazioni infrastrutturale e fiscale da fare. È un concetto nuovo nel quale credere. Se siamo divisi, contiamo poco. Pensiamo alla fragilità rispetto alle gare per assegnare le concessioni idroelettriche delle grandi derivazioni. Se siamo divisi contiamo niente. E ci fregheranno gli interessi dei grandi player dell’energia. Essere uniti ci compatta e ci dà forza nel trattare. Vi ricordate il diga day?

In parte. Cosa ricorda lei?

Che i Sindaci insieme si ritrovarono ai piedi delle grandi dighe per dire che l’oro blu, acqua e forza di gravità sono della montagna. E dunque non li regaliamo, tantomeno svendiamo. Era il 20210. Quella battaglia avviata da Enrico Borghi, Lido Riba, Andrea Cirillo, Vincenzo Luciano, e c’ero anch’io con il Presidente Bussone, è attualissima. Vale per foreste che assorbono CO2 e i crediti di sostenibilità che possiamo mettere noi sul mercato. Vale per l’acqua e per i sovracanoni che qualcuno pensa di togliere, vale per il bene climatico delle nostre aree montane alpine e appenniniche.

Appunto il clima. Estate 2024 rovente nella città, code incredibili verso le Valli. Che turismo è e sarà in questo agosto 2024?

Difficile oggi fare valutazioni. Abbiamo diffuso i dati di JFC che ci dicono che sarà una buona estate in montagna. Bene. Aumentare notti dormite e spesa pro-capite è utile. Ma quello che ci sorprende è la totale indifferenza ai flussi da parte delle aree urbane. Torino, in primis. Nessuno si accorge che i flussi di questi giorni dal capoluogo alle valli sono carichi di ragionamenti da fare. Sulla qualità delle infrastrutture ad esempio, sulla presenza o meno di servizi nei territori, sui costi sociali ed economici. Torino se vuole essere città metromontana, capitale alpina, dica con noi che fermare le ferrovie verso le valli, durante l’estate, è assurdo. E che una capillare rete di medici di base va a vantaggio di chi sale dalle città. Così come il superamento del digital divide. È responsabilità anche dei Sindaci delle grandi città. Non è solo una questione locale avere o meno le reti e le infrastrutture. Invece sembra sempre sia così.

Come se ne esce?

Con una azione politica. Il Sindaco di Torino può benissimo parlare di questi temi. Superi l’indifferenza. Impostare un piano regolatore che esca dalle mura della città. Insistere sui servizi nei territori, scuola, trasporti, sanità, connettività. Il Sindaco con i Sindaci della prima cintura lavorino con i Presidenti delle Unioni montane torinesi. Vale anche per Cuneo, Alessandria, Biella, Vercelli e gli altri Capoluoghi. Definiscano legami, anche su boschi e superfici forestali dei territori montani, “gemellandoli” con quelli dei quartieri urbani. Compensano e generano sinergie, climatiche e ambientali. Ci sono mille e a una opportunità vincente di legami tra Città e valli alpine. Quello che manca è un pensiero su come strutturali. Per rigenerarli, al netto della retorica e dei fantomatici piani, si torni a ragionare e riflettere insieme. È vincente per tutti. Uncem c’è.